lunedì 18 febbraio 2013

Artisti di frontiera a Gorizia tra Ottocento e Novecento


Appunti dal corso “Arte di confine. Arte senza confini”. Un percorso artistico lungo due secoli tra Friuli Venezia Giulia, Istria, Slovenia e Austria.
Università della terza età Gorizia / 2012-2013 – docente: Maria Masau Dan

 
ARTISTI DI FRONTIERA A GORIZIA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO (*)

Introduzione

Scrive Josko Vetrih:

«In questo territorio lo sviluppo della cultura figurativa presenta nel corso dei secoli delle caratteristiche che ne fanno uno dei capitoli più singolari e interessanti della storia dell’arte “di frontiera”. Il Litorale rappresenta in effetti un importante punto di contatto tra la cultura artistica germanico-gotica dell’Europa centrale mediata dalla Slovenia (considerata nei secoli passati non ancora una ben definita formazione statale, ma molto più semplicemente una realtà nazionale integrata nell’Impero asburgico) e quella latino-mediterranea mediata da Venezia. Queste due grandi culture, che qui si trovano a convivere a stretto contatto, a volte accettandosi e a volte confrontandosi aspramente, ma sempre interagendo scambievolmente col risultato di “contaminarsi” a vicenda, hanno conferito all’arte del Litorale il carattere autentico e vitale che soltanto una cultura “di frontiera” può dare. »

Josko Vetrih, Arte del Novecento tra Italia e Slovenia, in Orizzonti dischiusi. Arte del Novecento tra Italia e Slovenia, Ed. Transmedia, Gorizia, 2012

La situazione artistica tra Lubiana e Gorizia alla fine dell’Ottocento

 Scrive Milko Rener:

«Il clima spirituale alla fine dell’Ottocento e agli inizi del Novecento nella metropoli culturale mitteleuropea è particolarmente vivace ed eccitato, e sembra segnato da una profonda crisi di valori: alla cultura “olimpica” si sta, in ogni campo, opponendo la nuova generazione in febbrile ricerca di nuovi contenuti.
L'atmosfera viennese diffonde nel senso di inquietudine e di ansia anche in periferia, ossia nei centri culturali delle varie nazionalità componenti il mosaico della monarchia asburgica. Vi si assiste ad un affannoso, complesso e per certi aspetti convulso fermento nel processo di ricerca e di affermazione delle identità culturale dei singoli popoli nel più ampio contesto europeo. Dai chiusi “salotti di lettura” si è passati ormai a trattare in campo aperto i problemi relativi alla piena valorizzazione culturale nazionale. Limitandoci al campo dell'arte figurativa in Slovenia, e poi più particolareggiatamente nel Litorale sloveno, si ha l'impressione di assistere ad una febbrile e per certi aspetti impaziente ricerca di ricupero del tempo perduto per mettersi al passo con lo sviluppo dell'arte europea. Ed è da qui che l’arte slovena incomincia a tratteggiare la propria fisionomia. 
Anton Ažbe
Per gli artisti sloveni il centro di maggior richiamo era stato in passato Vienna. Stranamente però la nuova generazione non sembra voler partecipare con particolare impegno al movimento della secessione viennese. Delusi dell'Accademia e non inseriti nel nuovo dibattito, i giovani artisti sloveni si orientano inizialmente soprattutto verso Monaco. Il richiamo di questa città non è dovuta tanto al clima, in quegli anni particolarmente effervescente specialmente nel campo della creatività artistica, bensì al fatto che qui aveva aperto una scuola di pittura il pittore sloveno Anton Ažbe. Si trattava di una scuola, diciamo così, “neutrale”, cioè in una posizione di mezzo tra l'accademia conservatrice e le tendenze innovatrici.  La scuola raggiunse grande notorietà e fu molto frequentata. La didattica pittorica offriva effettivamente all’allievo la possibilità di orientarsi e di avviarsi poi per la propria strada. Ne parla anche l’allievo Kandinskij.

Milko Rener, L’arte figurativa nel Novecento, in La cultura slovena nel Litorale, Gorizia, 1988, pp. 103-104.

Continuiamo a seguire il testo di Vetrih (sintesi)
 
Rihard Jakopic
 Come per la maggior parte degli artisti del Litorale, anche per gli sloveni il punto di riferimento per gli studi tra ‘800 e ‘900 era Vienna. Dall’ultimo decennio dell’Ottocento diventa Monaco, dove il pittore sloveno Anton Ažbe (1862-1905) dal 1891 apre un’importante scuola di pittura frequentata da centinaia di studenti – in prevalenza provenienti dai paesi balcanici - e destinata a durare a lungo, fino alla prima guerra mondiale (anche dopo la sua morte dunque). Questa scuola ha un’impostazione classica, di stampo accademico, ma, in linea coi tempi, si apre anche ai movimenti più attuali, mostrando interesse soprattutto per la Secessione  tedesca (Jugendstil) nel tentativo di superare l’impressionismo e trovare la strada per un nuovo realismo pittorico. Gli allievi di Azbe (tra cui c’è anche Kandinsky) seguono diverse strade, chi l’impressionismo, chi il realismo, chi il simbolismo o le correnti postimpressioniste di fine secolo. Tra questi vanno citati anche i fondatori e maggiori rappresentanti dell’impressionismo sloveno: Rihard Jakopič, Matija Jama, Ivan Grohar, Matej Sternen, e, del Litorale, Pavel Gustinčič. Sono in ritardo rispetto agli impressionisti francesi e tedeschi (a cui si sentono più vicini) e la loro stagione produttiva si colloca nei primi due decenni del Novecento. Grohar muore nel 1911 ma continuano Rihard Jakopič, Matija -Jama e Matej Sternen, con una pittura piena di atmosfera, di luce e di colore.

L’impressionismo sloveno

Ivan Grohar
«A Monaco, da Ažbe, approda dopo le delusioni viennesi, in cerca di nuove esperienze, il quartetto dei giovani pittori sloveni con cui si inizia il primo vero capitolo della pittura slovena. Dopo aver riparato da Ažbe, pur sentendosi inizialmente alquanto spaesati e confusi tra quel febbrile incrociarsi e scontrarsi di movimenti, indirizzi e artisti (Hodler, Munch, Schiele, Segantini, Klee, ecc.)  tentano tuttavia di inserirsi e di convivere per quanto possibile in questo clima.

 La lezione fondamentale risultò per i quattro giovani pittori l’incontro e la “scoperta” degli impressionisti francesi e di Segantini: sembrava quasi che appena con questo incontro essi avessero trovato conferma di ciò che avevano cercato già prima come per una naturale predisposizione. Ebbe così inizio il capitolo dell'impressionismo sloveno, fenomeno ritardatario se si vuole, ma nato da profonde, proprie motivazioni e fondamentale nella storia della cultura figurativa slovena. Esso rappresenta veramente il primo capitolo dell'arte slovena nel pieno senso della parola. L'impressionismo sloveno non si caratterizza infatti nel sensuale abbandono al godimento della natura nel perenne fluire delle stagioni e nel sublimarsi di essa nella luce, ma si risolve in un canto lirico alla propria terra, elevata a simbolo dello spazio umano. Ed il simbolismo di Segantini -diciamolo per inciso - ancorché sottovalutato dalla critica contemporanea italiana, ha contribuito notevolmente a dargli questo contenuto. »

Milko Rener, L’arte figurativa nel Novecento, in La cultura slovena nel Litorale, Gorizia, 1988, pp. 103-104.

Cosa accade intanto nel Goriziano?
Avgusta Šantel
Occorre premettere che, grazie ai grandi cambiamenti avvenuti dal 1848 in avanti la popolazione slovena del Litorale acquista progressivamente una maggiore consapevolezza della propria identità culturale e dei propri diritti, e, se in precedenza era formata solo da contadini (che costituivano comunque la maggioranza della popolazione della Contea) nella seconda metà dell’Ottocento cresce una borghesia urbana di lingua slovena, che si afferma anche economicamente. In un clima così favorevole anche la vita culturale è piuttosto vivace. Questo si deve però anche a delle personalità che arrivano da fuori. Nel 1873 ad esempio giunge a Gorizia dalla Stiria la famiglia Šantel; più avanti arrivano i pittori Anton Gvajc, cultore della tradizione realista ottocentesca, Milan Klemencic e Fran Tratnik precursore dell’espressionismo sloveno.

Augusta Šantel è insegnante di disegno nell’Istituto Magistrale Femminile. Ha tre figli che seguono la carriera artistica, Henrika, Avgusta e Saša.

Anton Gvajc
Anton Gvajc, arriva a Gorizia nel 1895 da Lubiana. Ha condotto i suoi studi a Vienna ed è legato alla tradizione romantica ottocentesca. Insegna anch’egli all’istituto magistrale femminile e al ginnasio sloveno ed è anche maestro di futuri pittori come Avgust Bucik, Saša Šantel, Gojmir Anton Kos, ecc. E’anche collezionista e coltiva il sogno di creare a Gorizia un museo dell’arte slovena attraverso la “Società museale di Gorizia” (Muzejsko drustvo) che ha raccolto centinaia di documenti artistici ed etnografici.

Milan Klemencic è originario di Salcano ed è un artista eclettico formatosi tra Monaco, Venezia e Milano. E’marionettista, scenografo, pittore, fotografo. Prima della prima guerra mondiale è uno dei protagonisti del  mondo culturale sloveno a Gorizia. Veno Pilon lo riconosce come uno dei suoi maestri. Nel 1907 è presente con Henrica Šantel, Anton Gvajc e Melita Roijc alla prima mostra slovena di Trieste, allestita al primo piano del Narodni Dom (Hotel Balkan), alla quale prendono parte gli impressionisti sloveni ma non i pittori triestini.
Fran Tratnik

Tra gli arrivi importanti va inserito quello di Fran Tratnik, nel 1912. Rimarrà solo due anni, ma lascerà una forte traccia. Dopo avere studiato a Praga, Vienna e Monaco, e collaborato a varie riviste importanti, tra cui il famoso “Simplicissimus”, egli è l’artista che introduce l’espressionismo tedesco in Slovenia. Uno dei suoi disegni più noti è realizzato a Gorizia, “Lavoro nei campi” del 1914.

 L’influenza delle avanguardie

Per quanto riguarda il Novecento, «questo territorio può essere considerato anche come un “canale privilegiato verso il quale e attraverso il quale sono transitate molte delle idee propagandate dai movimenti di avanguardia europei del primo Novecento. E ciò grazie  soprattutto agli artisti di cultura slovena allora attivi a Trieste e a Gorizia e di tutti quelli che hanno operato per un certo periodo nelle  nostre terre. Negli anni tra le due guerre Veno Pilon, Avgust Černigoj,Ivan Čargo, Eduard Stepančič, Milko Bambič, Lojze Spacal, Zoran Musič, Riko Debenjak, Tone Kralj e altri ancora hanno contribuito per la loro parte alla diffusione in terra slovena delle esperienze accumulate non solo nei centri di formazione tradizionali di Vienna, Monaco, Praga, ma anche al Bauhaus di Weimar, nelle scuole d’arte italiane, nelle accademie di Bologna, Roma, Firenze, Venezia e in quella capitale dell’arte europea che era la Parigi di allora.»

Josko Vetrih, Arte del Novecento tra Italia e Slovenia, in Orizzonti dischiusi. Arte del Novecento tra Italia e Slovenia, Ed. Transmedia, Gorizia, 2012

 L’espressionismo sloveno
Tone Kralj
 Tra i movimenti di avanguardia, quello che si afferma maggiormente in Slovenia è l’espressionismo. Ci sono anche implicazioni sociali e politiche. Gli artisti vogliono raggiungere il popolo, renderlo consapevole della sua identità etnica e culturale con un linguaggio semplice ed efficace. L’artista che vi aderisce per primo, come si è detto, è Fran Tratnik mentre i principali rappresentanti sono Bozidar Jakac, i fratelli France e Tone Kralj e Veno Pilon, assieme ad altri seguaci meno duraturi come Drago e Nande Vidmar, Luigi Spazzapan , Miha Maleš, Ivan Čargo, ecc.


Veno Pilon, Ritratto di Marij Kogoj
Nell’aprile 1920 la novità compare nella mostra del Padiglione Jakopic di Lubiana e poi si concreterà anche nella “Primavera di Novo Mesto” dove esporranno i giovani artisti associati nel Klub Mladih/Club dei giovani. E’ la prima rivoluzione artistica slovena. Altri artisti avranno invece un atteggiamento più moderato pur sentendosi vicini alla nuova corrente. Contemporaneamente in Germania, proprio in direzione di uno sviluppo più moderato dell’espressionismo nasce la “Nuova Oggettività” (Neue Sacklichkeit) che coinvolge anche gli sloveni Pilon, Vidmar, Kos, Kralj, ecc. i quali attenuano le asprezze dell’espressionismo utilizzando le morbide linee ereditate dall’espressionismo ma anche i volumi del Novecento italiano.

Grazie a Tratnik, che esercita una grande influenza su tre pittori allora giovani, Luigi Spazzapan, Veno Pilon e Ivan Cargo, molto sensibili alle novità artistiche ormai diffuse in Europa, l’espressionismo attecchisce anche a Gorizia, dove c’è un ambiente artistico piuttosto vivace. 

Nel 1912 si tiene la prima mostra degli artisti sloveni, nella casa di un avvocato che si chiamava Dermota. Ci sono Avgusta Šantel, Henrika e Sasa Šantel, Bucik, Gvajc, ma anche l’impressionista sloveno Grohar, oltre naturalmente a Tratnik. Sembra l’inizio di una fase nuova ma la guerra interrompe tutto e quando tutto sarà finito questo gruppo sarà disperso, i Šantel e Tratnik a Lubiana, Gvaijc a Maribor, Bucik reduce dalla guerra e dalla prigionia nel 1919 andrà a insegnare a Idria.

 Il dopoguerra a Gorizia e dintorni

 Idria vedrà incrociarsi i destini di molti artisti sloveni grazie alla presenza di una Scuola tecnica (Real Schule) di lingua slovena. Oltre a Bucik, ritrattista di formazione accademico-realistica, colto e cosmopolita, che vi insegna per un anno, dopo la guerra arriva come allievo il triestino Milko Bambič e nel 1920 sarà Luigi Spazzapan a prendere il posto di Bucik. Nel 1926, però, la scuola verrà chiusa dalle autorità fasciste. Gli anni venti rappresentano una fase di sperimentazione d’avanguardia molto intensa, sia a Gorizia che a Trieste, ma dura pochi anni e già prima del 1930 tutto sarà stato normalizzato.  Il grande pubblico non capisce e non apprezza, e anche le autorità politiche a un certo punto stroncano decisamente tutti i fenomeni artistici troppo anticonformisti. Ma per almeno cinque anni, più o meno fino al 1927, le avanguardie artistiche possono sperimentare ed esprimersi liberamente.
A Gorizia nel 1923 nasce il Circolo Artistico Goriziano per iniziativa del critico Antonio Morassi e del poeta e pittore Sofronio Pocarini. Il Circolo riunisce italiani e sloveni: gli architetti Umberto Cuzzi e Giuseppe Gyra, i pittori Bolaffio, Del Neri, Battig, Sergi, de Finetti, Pocarini, l’ingegnere Brunner; Marij Kogoj, Ivan Čargo, Veno Pilon. Si trovano a discutere al Caffè Corso o al Circolo di Lettura, parlano di futurismo, cubismo, espressionismo… Organizzano anche una Scuola di Nudo. Nel 1923 Spazzapan entra in contatto con il Movimento futurista giuliano fondato da Pocarini e Vucetich e in questa occasione conosce anche i triestini Carmelich, Dolfi, Cernigoj. Così esporrà anche delle sculture futuriste a Padova nel 1926.

Luigi Spazzapan
L’evento più importante è la Prima esposizione goriziana di belle arti organizzata nel 1924 da Morassi e Pocarini. Espongono pittori già noti come Italico Brass, Vittorio Bolaffio, Gino de Finetti, ma anche i giovani esponenti dell’avanguardia Čargo, Pilon e Spazzapan. Sembra l’inizio di un nuovo corso, invece è la prima e ultima occasione di fondere tradizione e modernità, italiani e sloveni. Così molti se ne vanno. Pilon (che riesce a esporre un’acquaforte alla Biennale di Venezia) parte nel 1928 per Parigi; Čargo, diventato elemento politicamente sospetto, cerca riparo in Jugoslavia. Abbandona futurismo e costruttivismo e torna all’espressionismo. Nel 1928 anche Spazzapan parte per Torino sperando di trovare lavoro come decoratore all’Esposizione Nazionale. Si mantiene facendo l’illustratore per la “Gazzetta del Popolo”.

 I costruttivisti triestini

Avgust Černigoi
Tra coloro che cercano strade nuove nel primo dopoguerra c’è il triestino Avgust Černigoi (1898-1985) che forse è il più convinto seguace delle avanguardie, ma deve fare molte marce indietro. Tornato dal fronte della Galizia nel 1921 consegue l’abilitazione all’insegnamento all’Accademia di Bologna e poi si iscrive all’Accademia di Monaco, da dove nel 1923 si sposta a Weimar per seguire i corsi del Bauhaus diretto da Walter Gropius. Colpito dalla modernità della concezione di quella scuola, quando torna a casa, soprattutto per le difficoltà economiche, cerca di introdurre le idee costruttiviste a Lubiana (1924) che ottengono attenzione dai giovani ma non dalla critica. L’anno dopo, nel luglio 1925, al padiglione Jakopic organizza una seconda mostra costruttivista, ma viene accolta di nuovo male. Anzi viene espulso con l’accusa di legami con i comunisti.

Tornato a Trieste,  nel 1925 Cernigoj fonda la “Scuola avanguardista dell’attività moderna” assieme ai futuristi Carmelich e Dolfi, e coinvolge molti giovani studenti (Edvard Stepancic, Zorko Lah, Ivan Poljak, Ivo Spincic, Milko Bambic…) Lavora però come verniciatore di navi e poi nello studio di arredamento Stuard di Gustavo Pulitzer Finali. Collabora al teatro di San Giacomo come scenografo per l’amico regista Ferdo Delak, che è anche editore della rivista di Lubiana “Tank”, dove Cernigoj nel 1927 pubblica scritti e disegni. Nell’autunno del ’27 Cernigoj riesce a realizzare nel padiglione del Giardino pubblico di Trieste, nell’ambito della I Mostra sindacale del Circolo Artistico, una sala del Gruppo costruttivista triestino, che viene allestita con i lavori di Cernigoj, Stepancic, Carmelich, Vlah. Nel 1928 riescono a esporre a Berlino e la rivista berlinese “Der Sturm”nel 1929 dedica un numero al fenomeno della “Junge slowenische Kunst”.  Questo è il culmine dell’esperienza d’avanguardia di Cernigoj, che si esaurisce poco dopo. Comunque egli è il primo ad avere portato elementi astratti nell’arte slovena.

 

(*) Per questa lezione si sono seguiti i testi:

 

Josko Vetrih, Arte del Novecento tra Italia e Slovenia, in Orizzonti dischiusi. Arte del Novecento tra Italia e Slovenia, Ed. Transmedia, Gorizia, 2012

Milko Rener, L’arte figurativa nel Novecento, in La cultura slovena nel Litorale, Gorizia, 1988, pp. 103-104.

 

 

 

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