Appunti
dal corso “Arte di confine. Arte senza confini”. Un percorso artistico lungo
due secoli tra Friuli Venezia Giulia, Istria, Slovenia e Austria.
Università
della terza età Gorizia / 2012-2013 – docente: Maria Masau Dan
Introduzione
Scrive
Josko Vetrih:
«In
questo territorio lo sviluppo della cultura figurativa presenta nel corso dei
secoli delle caratteristiche che ne fanno uno dei capitoli più singolari e
interessanti della storia dell’arte “di frontiera”. Il Litorale rappresenta in
effetti un importante punto di contatto tra la cultura artistica
germanico-gotica dell’Europa centrale mediata dalla Slovenia (considerata nei
secoli passati non ancora una ben definita formazione statale, ma molto più
semplicemente una realtà nazionale integrata nell’Impero asburgico) e quella
latino-mediterranea mediata da Venezia. Queste due grandi culture, che qui si
trovano a convivere a stretto contatto, a volte accettandosi e a volte
confrontandosi aspramente, ma sempre interagendo scambievolmente col risultato
di “contaminarsi” a vicenda, hanno conferito all’arte del Litorale il carattere
autentico e vitale che soltanto una cultura “di frontiera” può dare. »
Josko Vetrih, Arte del Novecento tra Italia e Slovenia, in Orizzonti dischiusi. Arte del Novecento tra Italia e Slovenia, Ed. Transmedia, Gorizia, 2012
La situazione
artistica tra Lubiana e Gorizia alla fine dell’Ottocento
«Il
clima spirituale alla fine dell’Ottocento e agli inizi del Novecento nella
metropoli culturale mitteleuropea è particolarmente vivace ed eccitato, e
sembra segnato da una profonda crisi di valori: alla cultura “olimpica” si sta,
in ogni campo, opponendo la nuova generazione in febbrile ricerca di nuovi
contenuti.
L'atmosfera viennese diffonde nel senso di
inquietudine e di ansia anche in periferia, ossia nei centri culturali delle
varie nazionalità componenti il mosaico della monarchia asburgica. Vi si
assiste ad un affannoso, complesso e per certi aspetti convulso fermento nel
processo di ricerca e di affermazione delle identità culturale dei singoli
popoli nel più ampio contesto europeo. Dai chiusi “salotti di lettura” si è
passati ormai a trattare in campo aperto i problemi relativi alla piena
valorizzazione culturale nazionale. Limitandoci al campo dell'arte figurativa
in Slovenia, e poi più particolareggiatamente nel Litorale sloveno, si ha
l'impressione di assistere ad una febbrile e per certi aspetti impaziente
ricerca di ricupero del tempo perduto per mettersi al passo con lo sviluppo
dell'arte europea. Ed è da qui che l’arte slovena incomincia a tratteggiare la
propria fisionomia. Anton Ažbe |
Milko Rener, L’arte
figurativa nel Novecento, in La
cultura slovena nel Litorale, Gorizia, 1988, pp. 103-104.
Rihard Jakopic |
L’impressionismo
sloveno
Ivan Grohar |
«A Monaco, da Ažbe, approda dopo le delusioni viennesi, in cerca di nuove esperienze, il quartetto dei giovani pittori sloveni con cui si inizia il primo vero capitolo della pittura slovena. Dopo aver riparato da Ažbe, pur sentendosi inizialmente alquanto
spaesati e confusi tra quel febbrile incrociarsi e scontrarsi di movimenti,
indirizzi e artisti (Hodler, Munch, Schiele, Segantini, Klee, ecc.) tentano tuttavia di inserirsi e di convivere
per quanto possibile in questo clima.
La lezione
fondamentale risultò per i quattro giovani pittori l’incontro e la “scoperta”
degli impressionisti francesi e di Segantini: sembrava quasi che appena con
questo incontro essi avessero trovato conferma di ciò che avevano cercato già
prima come per una naturale predisposizione. Ebbe così inizio il capitolo
dell'impressionismo sloveno, fenomeno ritardatario se si vuole, ma nato da
profonde, proprie motivazioni e fondamentale nella storia della cultura figurativa
slovena. Esso rappresenta veramente il primo capitolo dell'arte slovena nel
pieno senso della parola. L'impressionismo sloveno non si caratterizza infatti
nel sensuale abbandono al godimento della natura nel perenne fluire delle
stagioni e nel sublimarsi di essa nella luce, ma si risolve in un canto lirico
alla propria terra, elevata a simbolo dello spazio umano. Ed il simbolismo di Segantini
-diciamolo per inciso - ancorché sottovalutato dalla critica contemporanea
italiana, ha contribuito notevolmente a dargli questo contenuto. »
Milko Rener, L’arte
figurativa nel Novecento, in La
cultura slovena nel Litorale, Gorizia, 1988, pp. 103-104.
Cosa accade
intanto nel Goriziano?
Avgusta Šantel |
Augusta
Šantel è insegnante di disegno nell’Istituto Magistrale Femminile. Ha tre figli
che seguono la carriera artistica, Henrika, Avgusta e Saša.
Anton Gvajc |
Anton
Gvajc, arriva a Gorizia nel 1895 da Lubiana. Ha condotto i suoi studi a Vienna
ed è legato alla tradizione romantica ottocentesca. Insegna anch’egli
all’istituto magistrale femminile e al ginnasio sloveno ed è anche maestro di
futuri pittori come Avgust Bucik, Saša Šantel, Gojmir Anton Kos, ecc. E’anche
collezionista e coltiva il sogno di creare a Gorizia un museo dell’arte slovena
attraverso la “Società museale di Gorizia” (Muzejsko drustvo) che ha raccolto
centinaia di documenti artistici ed etnografici.
Milan
Klemencic è originario di Salcano ed è un artista eclettico formatosi tra
Monaco, Venezia e Milano. E’marionettista, scenografo, pittore, fotografo.
Prima della prima guerra mondiale è uno dei protagonisti del mondo culturale sloveno a Gorizia. Veno Pilon
lo riconosce come uno dei suoi maestri. Nel 1907 è presente con Henrica Šantel,
Anton Gvajc e Melita Roijc alla prima
mostra slovena di Trieste, allestita al primo piano del Narodni Dom (Hotel
Balkan), alla quale prendono parte gli impressionisti sloveni ma non i pittori
triestini.
Fran Tratnik |
Tra
gli arrivi importanti va inserito quello di Fran Tratnik, nel 1912. Rimarrà solo
due anni, ma lascerà una forte traccia. Dopo avere studiato a Praga, Vienna e
Monaco, e collaborato a varie riviste importanti, tra cui il famoso
“Simplicissimus”, egli è l’artista che introduce l’espressionismo tedesco in
Slovenia. Uno dei suoi disegni più noti è realizzato a Gorizia, “Lavoro nei
campi” del 1914.
Per
quanto riguarda il Novecento, «questo territorio può essere considerato anche
come un “canale privilegiato verso il quale e attraverso il quale sono
transitate molte delle idee propagandate dai movimenti di avanguardia europei
del primo Novecento. E ciò grazie
soprattutto agli artisti di cultura slovena allora attivi a Trieste e a
Gorizia e di tutti quelli che hanno operato per un certo periodo nelle nostre terre. Negli anni tra le due guerre
Veno Pilon, Avgust Černigoj,Ivan Čargo, Eduard Stepančič, Milko Bambič, Lojze
Spacal, Zoran Musič, Riko Debenjak, Tone Kralj e altri ancora hanno contribuito
per la loro parte alla diffusione in terra slovena delle esperienze accumulate
non solo nei centri di formazione tradizionali di Vienna, Monaco, Praga, ma
anche al Bauhaus di Weimar, nelle scuole d’arte italiane, nelle accademie di
Bologna, Roma, Firenze, Venezia e in quella capitale dell’arte europea che era
la Parigi di allora.»
Josko
Vetrih, Arte del Novecento tra Italia e
Slovenia, in Orizzonti dischiusi.
Arte del Novecento tra Italia e Slovenia,
Ed. Transmedia, Gorizia, 2012
Tone Kralj |
Veno Pilon, Ritratto di Marij Kogoj |
Nell’aprile
1920 la novità compare nella mostra del Padiglione Jakopic di Lubiana e poi si
concreterà anche nella “Primavera di Novo Mesto” dove esporranno i giovani
artisti associati nel Klub Mladih/Club dei giovani. E’ la prima rivoluzione
artistica slovena. Altri artisti avranno invece un atteggiamento più moderato
pur sentendosi vicini alla nuova corrente. Contemporaneamente in Germania,
proprio in direzione di uno sviluppo più moderato dell’espressionismo nasce la
“Nuova Oggettività” (Neue Sacklichkeit) che coinvolge anche gli sloveni Pilon,
Vidmar, Kos, Kralj, ecc. i quali attenuano le asprezze dell’espressionismo
utilizzando le morbide linee ereditate dall’espressionismo ma anche i volumi
del Novecento italiano.
Grazie
a Tratnik, che esercita una grande influenza su tre pittori allora giovani,
Luigi Spazzapan, Veno Pilon e Ivan Cargo, molto sensibili alle novità artistiche
ormai diffuse in Europa, l’espressionismo attecchisce anche a Gorizia, dove c’è
un ambiente artistico piuttosto vivace.
Nel
1912 si tiene la prima mostra degli artisti sloveni, nella casa di un avvocato
che si chiamava Dermota. Ci sono Avgusta Šantel, Henrika e Sasa Šantel, Bucik,
Gvajc, ma anche l’impressionista sloveno Grohar, oltre naturalmente a Tratnik.
Sembra l’inizio di una fase nuova ma la guerra interrompe tutto e quando tutto
sarà finito questo gruppo sarà disperso, i Šantel e Tratnik a Lubiana, Gvaijc a
Maribor, Bucik reduce dalla guerra e dalla prigionia nel 1919 andrà a insegnare
a Idria.
Luigi Spazzapan |
Avgust Černigoi |
Tornato
a Trieste, nel 1925 Cernigoj fonda la
“Scuola avanguardista dell’attività moderna” assieme ai futuristi Carmelich e
Dolfi, e coinvolge molti giovani studenti (Edvard Stepancic, Zorko Lah, Ivan
Poljak, Ivo Spincic, Milko Bambic…) Lavora però come verniciatore di navi e poi
nello studio di arredamento Stuard di Gustavo Pulitzer Finali. Collabora al
teatro di San Giacomo come scenografo per l’amico regista Ferdo Delak, che è
anche editore della rivista di Lubiana “Tank”, dove Cernigoj nel 1927 pubblica
scritti e disegni. Nell’autunno del ’27 Cernigoj riesce a realizzare nel
padiglione del Giardino pubblico di Trieste, nell’ambito della I Mostra
sindacale del Circolo Artistico, una sala del Gruppo costruttivista triestino,
che viene allestita con i lavori di Cernigoj, Stepancic, Carmelich, Vlah. Nel
1928 riescono a esporre a Berlino e la rivista berlinese “Der Sturm”nel 1929
dedica un numero al fenomeno della “Junge slowenische Kunst”. Questo è il culmine dell’esperienza
d’avanguardia di Cernigoj, che si esaurisce poco dopo. Comunque egli è il primo
ad avere portato elementi astratti nell’arte slovena.
(*) Per questa
lezione si sono seguiti i testi:
Josko
Vetrih, Arte del Novecento tra Italia e
Slovenia, in Orizzonti dischiusi.
Arte del Novecento tra Italia e Slovenia,
Ed. Transmedia, Gorizia, 2012
Milko Rener, L’arte
figurativa nel Novecento, in La
cultura slovena nel Litorale, Gorizia, 1988, pp. 103-104.
Nessun commento:
Posta un commento